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Spazi museali tra allestimento e contemplazione incarnata: dialogo con Vittorio Gallese

Nell’intervista che vi proponiamo questo mese, il neurobiologo e professore di fisiologia presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università degli studi di Parma Vittorio Gallese affronta il complesso rapporto tra gli spazi museali e l’esperienza estetica dei loro fruitori.

Vengono riportati di seguito alcuni estratti.

Spazi museali tra allestimento e contemplazione incarnata: dialogo con Vittorio Gallese - 07 gallese
Vittorio Gallese

1
Davide Ruzzo
n: Nella percezione dell’opera d’arte si sviluppa una relazione molto più complessa della contemplazione. Come si potrebbe descrivere questo rapporto?


Vittorio Gallese: Nella percezione dell’opera d’arte penso che si realizzi un livello di fruizione sicuramente più complesso di una semplice contemplazione, nella misura in cui quella che chiamiamo contemplazione è un’esperienza che inizia dall’attivazione del canale visivo ma si arricchisce simultaneamente del contributo di molte altre componenti […].

Oltre all’attivazione della parte visiva del cervello si attivano anche le componenti tattili, le componenti emozionali, le componenti motorie, per cui il termine contemplazione fa riferimento a una modalità di fruizione molto più passiva di quanto non accada in realtà sulla base di quello che abbiamo finora capito interrogando il sistema cervello-corpo.

2
DR:
Tra un’opera d’arte, che si tratti di una scultura, di un quadro o di un film, e la percezione di uno spazio architettonico esiste, a tuo avviso, qualche marcata differenza o qualche importante elemento?


VG: Esiste una differenza tra la percezione dello spazio architettonico e la percezione di un’opera d’arte, una scultura, un quadro o un film, ma non ho una risposta univoca a questa domanda dal momento che non ho dati empirci […].

La percezione di uno spazio architettonico ha sicuramente, soprattutto se in questo spazio siamo presenti fisicamente […], una componente di spazialità e di movimento verosimilmente molto più importante rispetto al mettersi di fronte a un quadro, una scultura, o al vedere un film seduti in una sala cinematografica, davanti allo schermo della nostra TV o del nostro computer. La percezione dello spazio architettonico coinvolge un livello di embodiment a 360° più spiccato rispetto a quello degli altri oggetti di cui parlavo prima.

3
DR:
Un tema molto dibattuto all’interno del mondo degli architetti riguarda la natura dell’allestimento museale in cui si scontrano due posizioni: da una parte il museo neutrale con uno spazio bianco e neutro, dall’altra un museo implicato nella percezione dell’opera, un museo dove l’architettura regola in qualche modo la percezione dell’opera. Quale ipotesi ti convince di più?


VG: […] Sinceramente non ho una risposta definitiva a questa domanda anche perché le motivazioni che spingono a visitare uno spazio museale possono essere diverse, in diversi momenti per la stessa persona, o possono essere diversi per persone diverse.

Credo che la soluzione ottimale possa essere una sintesi, ossia uno spazio che combina una neutralità che assegna il ruolo principale all’opera, e che quindi in qualche modo non condiziona la fruizione dell’opera, combinato a degli spazi in cui chi vuole può approfondire il proprio rapporto con l’opera attraverso modalità espositive che possono essere digitali, didattiche o di esplorazione guidata per poter arricchire quell’esperienza.

4
DR:
Il museo digitale sembra trovare sempre più spazio, in particolare modo dopo la pandemia. Quale dovrebbe essere l’approccio che si dovrebbe tenere nel concepire uno spazio virtuale all’interno del quale rendere possibile l’esperienza estetica delle opere d’arte?


VG: La pandemia, e le conseguenti restrizioni, hanno spinto gallerie, musei e spazi espositivi a occupare lo spazio virtuale con una varietà di soluzioni […]

La pandemia, essendo stato uno stress test in una serie di ambiti […] ha segnato un punto di non ritorno. Non si può puntare esclusivamente su una esposizione di tipo virtuale digitale ma […questa] è un’opportunità per avvicinare allo spazio museale persone che diversamente non varcherebbero quella soglia. Credo che la fruizione delle opere d’arte in presenza […] sia una modalità di fruizione insostituibile a cui non dobbiamo assolutamente rinunciare.