Che la produttività di un lavoratore dipenda anche dalle interazioni sociali con i colleghi con cui condivide dei compiti di squadra o con i quali lavora a stretto contatto, è abbastanza intuitivo ma è stato anche ampiamente documentato dalle ricerche condotte da Eugene Kandel ed Edward P. Lezaer dagli anni 90 ai giorni nostri.
Quello che si chiede Thomas Cornelissen, Professore di Economia alla University of Essex e Ricercatore presso il Centre for Research and Analysis of Migration di UCL e IZA, «è se l’interazione sociale tra i colleghi, che si verifica sul posto di lavoro, conduca a delle ricadute sulla loro produttività, anche in ambienti in cui i lavoratori svolgono compiti indipendenti che non influenzano direttamente l’attività degli altri.»
Secondo Cornelissen i due veicoli «di tale spillover[1] di produttività sono la peer pressure [la “pressione dei pari” è l’influenza diretta o indiretta su persone che hanno interessi, esperienze o status sociali simili. I membri di un gruppo di pari hanno maggiori probabilità di influenzare le convinzioni e il comportamento di una persona] e knowledge spillover (imparare dai colleghi).
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Do social interactions in the workplace lead to productivity spillover among co-workers?
Bibliografia
Cornelissen, T. Do social interactions in the workplace lead to productivity spillover among co-workers?. IZA World of Labor 2016: 314;
Kandel, E., Lazear, E. P. “Peer pressure and partnerships” Journal of Political Economy 100:4 (1992): 801−817;
Lazear, E. P., Shaw, K. L., Stanton, C. T. “The value of bosses” Journal of Labor Economics 33:4 (2015): 823−861.
[1] Termine che indica il fenomeno per cui un’attività economica volta a beneficiare un determinato settore o una determinata area territoriale produce effetti positivi anche oltre tali ambiti.