La dimensione atmosferica dei luoghi di lavoro: dialogo con Juhani Pallasmaa - Herbert Bayer 04

La dimensione atmosferica dei luoghi di lavoro: dialogo con Juhani Pallasmaa

Il compito dell’architettura, scriveva Juhani Palasmaa in Architecture and Neuroscience (Tidwell 2013, p. 8)

«si estende oltre le sue dimensioni materiche, funzionali e misurabili, e anche oltre l’estetica, nella sfera mentale ed esistenziale della vita. L’architettura ha sempre un impatto e un significato collettivo. Gli edifici non forniscono semplicemente un riparo fisico o facilitano attività distinte. Oltre a ospitare i nostri corpi fragili e le nostre azioni, hanno anche bisogno di ospitare le nostre menti, ricordi, desideri e sogni. I nostri edifici sono estensioni cruciali di noi stessi, sia individualmente che collettivamente. Gli edifici mediano tra il mondo e la nostra coscienza interiorizzando il mondo ed esternalizzando la mente.»

La dimensione atmosferica dei luoghi di lavoro: dialogo con Juhani Pallasmaa - Juhani Pallasmaa
Juhani Pallasmaa

Quando si parla di luoghi per il lavoro, però, si tende a trascurare le dimensioni atmosferica, sociale e umana dell’architettura, dando priorità alle questioni economiche e organizzative. Eppure, come la pandemia di Covid-19 ha reso evidente e come molti studi scientifici confermano, lo spazio ha un ruolo decisivo per il benessere psico-fisico dei lavoratori, ma anche per loro produttività e per la propensione a intessere relazioni con i propri colleghi.

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Frank Lloyd Wright, Johnson Wax Headquarters, Wisconsin, 1936

Nell’intervista che vi proponiamo questo mese, l’architetto finlandese e teorico dell’architettura Juhani Pallasmaa affronta il tema degli spazi del lavoro con l’intensità e la forza poetica tipici del proprio modo di fare.

Di seguito riportiamo alcuni estratti:

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Davide Ruzzon: In La mente in architettura. Neuroscienze, incarnazione e il futuro del design, libro che hai curato con l’architetto Sarah Robinson, hai scritto che un «architetto deve interiorizzare il cliente, deve trasformare se stesso nel cliente e, alla fine, progettare l’edificio per sé» (Pallasmaa 2021, p. 61). È possibile fare lo stesso anche quando ci si trova a progettare un ambiente di lavoro?

Juhani Pallasmaa: Per interiorizzazione del cliente, intendo la capacità empatica dell’architetto di andare oltre se stesso per mettersi nella situazione dell’utente. Nel caso della progettazione di una casa, il progettista dovrebbe usare l’immaginazione per diventare l’abitante di quella casa; nel caso della progettazione dei luoghi di lavoro dovrebbe trasformarsi in un utente immaginario di quell’ambiente, sia nella forma individuale che di gruppo. […] Abbiamo bisogno di immaginare delle persone reali, coi loro movimenti, interazioni, pensieri e sentimenti.

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DR: Quando parliamo di luoghi di lavoro, spesso dimentichiamo l’importanza che svolgono le interazioni sociali tra i lavoratori a livello di benessere psico-fisico. Che contributo può fornire l’architettura allo sviluppo di dinamiche sociali positive all’interno degli ambienti lavorativi?

JP: Un luogo di lavoro deve fornire le condizioni dimensionali, spaziali e atmosferiche per la moltitudine di situazioni e interazioni che si creano nell’ambiente collettivo del lavoro, poiché le condizioni lavorative, le persone e i loro interessi, […] possono essere soddisfatti dalla flessibilità e da un’atmosfera invitante e stimolante. L’illuminazione è centrale nell’atmosfera e il posto di lavoro moderno ha solitamente un’illuminazione troppo uniforme e troppo luminosa.

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Frank Lloyd Wright, Larkin Administration Building, New York 1904 (demolito)

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DR: All’interno di un ufficio, le esperienze sviluppate dalle persone sono molto diverse, nel corso della giornata. Si può lavorare in piccoli o grandi gruppi, da soli alla scrivania, fare una pausa caffè, mangiare insieme, leggere rilassati dei documenti, oppure giocare. Adeguando le atmosfere architettoniche a questa varietà di azioni, credi che una molteplicità possa consolidare il benessere delle persone che navigano questi spazi?

JP: Un luogo di lavoro deve fornire le possibilità di individualizzare, riorganizzare e sviluppare le relazioni tra i lavoratori, sia lavorative che emotive. Penso, in sintonia con le idee di Sarah Robinson, che l’architettura abbia una forma verbale. Invita, facilita e ispira, ma può anche limitare e ridurre le esperienze o le interazioni. L’individuo ha bisogno di identificarsi con il luogo. […]

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DR: Se dovessi scegliere uno dei progetti per uffici, realizzati nel corso di questi ultimi 100 anni, qual è l’opera d’architettura che più si avvicina a quella che definisci come «arte del corpo e del senso esistenziale, […] arte dei sentimenti emotivi e inconsci?» (Pallasmaa 2021, p. 69)

JP: Esistono meravigliosi edifici per il lavoro dal Larkin Building di Frank Lloyd Wright al Johnson Wax Company dello stesso architetto. Ma per quest’occasione sceglierei il Centraal Beheer Insurance Company in Olanda di Herman Hertzberger, perché trovo molto interessante il suo approccio antropologico strutturalista ispirato alla vita umana e volto a intensificare il riconoscimento di tutti i livelli tra l’ individuo, le varie situazioni lavorative e l’entità dell’azienda.

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Herman Hertzberger, Centraal Beheer Insurance Company, Netherlands 1972

Bibliografia:

Pallasmaa 2021 – Juhani Pallasmaa, Sarah Robinson (a cura di), traduzione e cura dell’edizione italiana di Matteo Zambelli, La mente in architettura. Neuroscienze, incarnazione e il futuro del design, Firenze University Press, Firenze 2021;

Tidwell 2013 – Philip Tidwell (a cura di), con saggi di Juhani Pallasmaa, Harry Francis Mallgrave and Michael Arbib, Architecture and Neuroscience, Tapio Wirkkala – Rut Bryk Foundation, Finlandia 2013.