Fare casa nel carcere: le scienze al servizio del progetto per umanizzare gli spazi detentivi - Base BLOG5 STAY TUNED

Fare casa nel carcere: le scienze al servizio del progetto per umanizzare gli spazi detentivi

Detenuti, personale di custodia e loro comandante, direttore del carcere, giornalisti, studiosi ed architetti: tutti intorno allo stesso tavolo. Non accade spesso in Italia. Ieri nella Casa Circondariale Bassone di Como sono stati presentati i risultati di Ri-CO-struire, progetto multidisciplinare finanziato da Fondazione Cariplo.  Erano presenti il Direttore dell’Istituto Fabrizio Rinaldi, il professor Enrico Lironi, membro del CdA di Cariplo, Emanuela Saita e Antonia Sorge del Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano, l’architetto Cesare Burdese e gli architetti Davide Ruzzon e Ashwanth Ramkumar della Business Unit TUNED di Lombardini22.

L’obiettivo della ricerca era misurare l’impatto dell’architettura del carcere sul benessere degli operatori penitenziari e dei detenuti, per predisporre le soluzioni architettoniche su tre aree dell’Istituto.

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TUNED ha contribuito a elaborare inizialmente, con tutto il team, una matrice multifattoriale per coniugare aspetti psicologici, neuroscientifici, e sociali con le caratteristiche dello spazio (luce, materiali, colore, forma geometrica, e contesto) al fine di progettare i diversi fattori in gioco per favorire il benessere di detenuti e personale.

L’utilizzo della matrice multifattoriale ha consentito di inserire l’intervento su Bassone in una cornice di riferimento più ampia in grado di legare le proprietà architettoniche e spaziali delle aree interne ed esterne della Casa circondariale alla dimensione psico-fisica delle persone che la attraversano quotidianamente, la abitano.

Dopo questa prima fase, il team di Lombardini22 ha elaborato delle rappresentazioni tridimensionali digitali degli spazi presi in esame in modo da assistere il gruppo di ricerca dell’Università Cattolica di Milano nella conduzione di un esperimento che ha coinvolto un campione di detenuti e personale di custodia. Il video prodotto ha permesso alle 73 persone coinvolte di simulare l’attraversamento di tre ambienti digitali che, grazie a un visore particolare, ha indotto un elevato grado di immersione nello spazio virtuale. Nel corso e a seguito delle esperienze visive, ai partecipanti sono stati rilevati dei parametri fisiologici e poste una serie di domande basate su test validati attraverso altri esperimenti.

Il cuore della proposta progettuale suggerisce di sottrarre gli ambiti carcerari dall’atmosfera afflittiva che li caratterizza, trasformandoli in una pluralità di atmosfere più domestiche, familiari, rilassate oppure rivitalizzanti attraverso il riposizionamento di soffitti, oggetti delle pareti, colori, luci e materiali, piante e viste sull’esterno. All’interno della cella sono stati individuati sei micro-campi percettivi diversi, costruendo così una ‘casa nella casa’. Ogni cella in questa maniera è diversa sin dalla soglia di ingresso, e ogni singolo ambito deputato ad accogliere un momento diverso della giornata. In ragione dello stato emotivo atteso dalle persone, nei diversi nuclei, l’altezza del soffitto cambia per creare sensazioni corporee, o sentimenti di fondo distinti, facendo entrare in gioco colore, materiali e luce. 

Questo permette una variazione modulata delle emozioni percepite, evocate dallo spazio. Come le celle anche gli altri spazi studiati possono essere migliorati: grazie alla compressione o decompressione dei limiti fisici intorno alla sfera immediata che avvolge il corpo, quella che viene definita come spazio peri-personale, vengono evocate diverse sensazioni corporee, che possono diventare sentimenti. Tutti gli ambiti interni delle diverse aree si possono rendere più vivaci ed attivanti, oppure più intimi e rilassanti.

TUNED ha anche elaborato le linee guida applicative, partendo da quelle generali, sugli spazi della sezione detentiva ordinaria, dei detenuti in semilibertà, nonché su uno dei cortili.

Sulla scorta di queste indicazioni, relative alle caratteristiche interne delle aree citate, l’architetto Cesare Burdese, grande esperto di progettazione di istituti penitenziari, ha definito i layout architettonici. Lo ha fatto assumendo all’interno del progetto le indicazioni più avanzate provenienti dalle Commissioni Ministeriali sul tema della riforma delle carceri italiane, le normative, e gli aspetti più funzionali, per realizzare quello che Burdese chiama il ‘carcere dei padri costituenti’.