Nel 1984, il ricercatore Roger S. Ulrich, oggi Professore presso il Department of Architecture and Centre for Healthcare Architecture della Chalmers University of Technology, riuscì a dimostrare[1] quanto la presenza di una finestra in una camera da letto ospedaliera, se aperta su uno spazio esterno naturale, avesse degli effetti benefici sui suoi ospiti.
I 23 pazienti a cui era stata assegnato questo tipo di camera non solo sono stati dimessi in anticipo rispetto agli altri 23, che avevano lo stesso decorso operatorio e post-operatorio ma che erano stati alloggiati in una camera con la finestra rivolta verso una parete in mattoni, ma hanno addirittura presentato meno rimostranze nei confronti degli infermieri che se ne erano presi cura.
Il test ha messo in luce quanto la presenza di elementi naturali nei luoghi dedicati alla cura potesse risultare determinante per la riduzione del tempo di recupero post-operatorio oltre che per la salute fisica e psicologica generale non solo dei pazienti ma anche dello staff sanitario.
Quella di Ulrich è una delle macro-teorie, proposte negli anni ’80, all’interno della quale si possono inscrivere gli studi effettuati negli ultimi decenni sugli effetti della natura sulla salute mentale e fisica degli esseri umani.
Nella loro più recente pubblicazione, Jenny Roe e Layla McCay hanno individuato le tre teorie principali entro cui si muovono gli studi scientifici legati a questo rapporto: la SRT, la ART e la Biophilia. La Attention Restoration Theory, proposta dai Kaplan nel 1989, sostiene che le nostre risposte agli stimoli naturali siano prima di tutto cognitive; la Stress Reduction Theory, il cui promotore è proprio Ulrich, suggerisce, al contrario, una prima implicazione degli aspetti emotivi; e la Biophilia, come descritta da Wilson nel 1984, che sostiene che gli esseri umani abbiano un bisogno innato di entrare in contatto con il mondo naturale (Roe 2021, p. 20).
Qualunque siano i processi, biologici, emotivi o cognitivi, che sottendono il rapporto che ci lega alla natura, sembrano ormai tutti d’accordo sul fatto che questa abbia un forte ascendente sul nostro benessere. Alcuni studi dimostrano che agisca favorevolmente sulla demenza, sull’autismo, sulla coesione sociale, sul deficit attentivo, sulla schizofrenia e su altri disturbi psicotici oltre che sui meccanismi biochimici. Pare inoltre che possa ridurre le infiammazioni, aumentare il livello di vitamina D e apportare benefici immunoregolatori. (Roe 2021, p. 25)
Anche l’architettura e l’urbanistica sembrano aver preso coscienza del contributo benefico che la natura apporterebbe alla salute mentale e fisica del nostro organismo.
Il concorso internazionale lanciato dal New North Zealand Hospital di Hillerød, a nord di Copenhagen, a cui hanno partecipato, vincendolo nel 2014, Jaque Herzog, Pierre de Meuron e i Vilhelm Lauritzen Architects, ha offerto agli architetti svizzeri la possibilità di confrontarsi con una sfida tutt’altro che semplice: superare i confini operativi convenzionali per aprirsi a un tipo di progettazione ospedaliera in grado di trattare la natura come pattern architettonico ed esperienziale costitutivo e non più come mero complemento decorativo.
La gara prevedeva la progettazione di uno degli ospedali più grandi della Danimarca. Un’opera faraonica costituita da 24 padiglioni e 660 posti letto per un totale di 124 mila metri quadrati.
Il progetto proposto nasce dalla volontà di condurre alla scala umana un edificio che funzionalmente e strutturalmente potrebbe sfuggirvi. Per farlo i progettisti hanno deciso di utilizzare alcuni accorgimenti architettonici che solitamente non appartengono a questa tipologia di spazi : l’orizzontalità, la fluidità delle curve, un giardino interno, l’impiego di materiali naturali come il legno.
Il Nyt Hospital Nordsjælland, il cui completamento dovrebbe avvenire nel 2024, ospiterà una natura ben controllata all’interno e selvaggia all’esterno, capace di fornire un certo grado di protezione e allo stesso tempo un grande senso di libertà. Il paziente è come se albergasse sugli alberi (l’uso del legno dovrebbe accentuare tale sensazione). Su questi si sente protetto e ha la possibilità di guardare il panorama che lo circonda per godere dei suoi benefici. Al basamento, espressione d’appartenenza alla comunità, si contrappone, a sua volta, il giardino privato delle camere, più intimo e raccolto.
Bibliografia
Inghilleri 2021 – Paolo Inghilleri, I luoghi che curano, Raffaello cortina Editore, Milano 2021;
Hollander 2021 – Justin B. Hollander, Ann Sussman, Urban experience and design. Contemporary perspective on improving the public realm, Routledge, New York 2021;
Roe 2021 – Jenny roe, Layla McCay, Restorative cities. Urban design for mental health and wellbeing, Bloomsbury Publishing, London-New York-Dublin 2021;
Moneo 2015 – Rafael Moneo, Inquietudine teorica e strategia progettuale nell’opera di otto architetti contemporanei, Mondadori Electa, Milano 2015;
D’Onofrio 2003 – Alessandro D’Onofrio, Herzog & deMeuron. Anomalie della Norma, Edizioni Kappa, Roma 2003.
[1] Roger S. Ulrich, View through a window may influence recovery from surgery, Science, New Series, Volume 224, Issue 4647 (Apr. 27, 1984), 420-421.