La portata rivoluzionaria dei movimenti del Sessantotto fu epocale non solo per le ripercussioni che ebbe sugli equilibri politici e sulle dinamiche sociali ma anche per gli stravolgimenti teorici e formali nel campo dell’architettura.
A scompigliare il vocabolario architettonico nel complesso clima di quegli anni fu l’architetto olandese Herman Hertzberger che nel 1968 venne incaricato di progettare gli uffici della nuova sede di una società di assicurazioni nella città di Apeldoorn: il Central Beheer Offices.
L’approccio strutturalista antropologico con cui Herman Hertzberger mise in discussione le rigide imposizioni moderniste fornì una visione innovativa degli spazi per il lavoro centrata sull’utente e sulle sue esigenze.
Lo strutturalismo[1] dà, infatti, una chiave di lettura del progetto architettonico incentrata sull’utente e, come afferma lo stesso Herman Hertzberger:
Alle richieste di una società meno gerarchizzata e impantanata, si affiancava in quel periodo una forte reazione contro i maestri del movimento moderno che l’architetto olandese riuscì a gestire con eleganza scegliendo la via del dialogo a quella dello scontro. Alla rigida struttura del razionalismo contrappose, infatti, la modularità organica di 56 blocchi di varie altezze che in qualsiasi momento, in base alle necessità, sarebbero potuti aumentare.
Ai materiali freddi, patinati e perfettamente bilanciati preferì il contrasto tra elementi naturali e artificiali come legno e metallo, e quello tra le superfici lisce e trasparenti del vetro e quelle opache e grezze del beton brut. Allo spazio rigidamente funzionalizzato predilesse una più democratica e flessibile mixitè.
In risposta a un’architettura asservita al potere Hertzberger propose un ambiente in grado di migliorare condizioni dei lavoratori e di promuovere incontri e interazioni. Benessere e relazioni sociali sono i pilastri su cui si fonda l’intero progetto.
Il modello a cui si ispirò Herman Hertzberger fu la la qasbah, la tipica cittadella araba fortificata che, raccogliendo i propri spazi sociali all’interno di un groviglio di strade e di terrazze, dava al cittadino l’idea che la città fosse intima e sicura, e che tutti avessero la possibilità di incontrare con gli altri e di interagire.
William Curtis descrive così il progetto:
Bibliografia
Curtis 2006 – Wiliam R. Curtis, L’architettura moderna dal 1900, Phaidon Press Limited, Londra 2006.
Sitografia di riferimento (da cui sono state prese le immagini)
https://www.ahh.nl/index.php/nl/
https://www.ahh.nl/index.php/en/projects2/12-utiliteitsbouw/85-centraal-beheer-offices-apeldoorn
https://juliaknz.de/post/649705677676232704/herman-hertzberger-central-beheer-1972-apeldoorn
https://melanieaolivera.files.wordpress.com/2018/01/olivera_module9_centraalbeheer.pdf
https://pure.tue.nl/ws/portalfiles/portal/96766652/Beerkens_0772331.pdf
[1] Teoria e metodologia affermatesi in varie scienze dal primo Novecento, fondate sul presupposto che ogni oggetto di studio costituisce una struttura, costituisce cioè un insieme organico e globale i cui elementi non hanno valore funzionale autonomo ma lo assumono nelle relazioni oppositive e distintive di ciascun elemento rispetto a tutti gli altri dell’insieme. (Treccani)